Laguna di Venezia: il crollo della pesca è dovuto alle noci di mare più che al granchio blu

Laguna di Venezia: il crollo della pesca è dovuto alle noci di mare più che al granchio blu

Fonte: Il corriere della sera articolo di Paolo Virtuani

Sono parenti delle meduse grandi pochi centimetri che intasano le reti. Comparse nel 2010, il boom nel 2014 grazie al riscaldamento delle acque lagunari. «Una tragedia ambientale e sociale»

Non solo granchio blu. Il crollo della pesca artigianale nella laguna di Venezia è dovuta a una diversa specie aliena: la noce di mare, il cui nome scientifico è Mnemiopsis leidyi. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori in uno studio pubblicato sulla rivista specializzata Hydrobiologia. La noce di mare appartiene al phylum degli ctenofori, organismi marini grandi in media 10 centimetri che assomigliano a piccole meduse, ma con queste ultime, che fanno parte del phylum degli Cnidari, hanno solo una parentela. Si conoscono solo un centinaio di specie che appartengono agli  Ctenofori, una di queste è la noce di mare.

Non solo granchio blu

«Lo studio è il primo esempio di quantificazione dell’impatto che una specie invasiva ha avuto e sta purtroppo tuttora avendo sulla piccola pesca lagunare», dice Filippo Piccardi, primo autore della ricerca e dottorando all’Università di Padova.  «Non c’è solo il granchio blu e il rischio di queste invasioni biologiche è quello della perdita totale di una tradizione di pesca lagunare quasi millenaria che utilizza attrezzi estremamente sostenibili».

Tragedia ambientale e sociale

«Le specie invasive come noce di mare e granchio blu sono una tragedia ambientale e sociale che va affrontata cercando strategie di mitigazione e adattamento sostenibili», aggiunge Alberto Barausse, coordinatore della ricerca. Le noci di mare, piccole e gelatinose come le meduse, intasano le reti da pesca dei piccoli pescatori tradizionali della laguna

L’aiuto dei pescatori lagunari

«Questo progetto», prosegue Piccardi, dottorando nel programma europeo Pon ricerca e innovazione, «nasce dalla collaborazione fra i ricercatori della sede di Chioggia dell’Università di Padova e i pescatori lagunari. Sono stati loro i primi a vedere l’intruso in laguna intorno al 2010 e a subirne le conseguenze. La modellazione statistica ha chiarito come l’esplosione delle noci di mare nel 2014 coincida con un aumento significativo della temperatura delle acque lagunari».

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