Fonte: il Corriere articolo di Anna Fregonara
Incoronata per il settimo anno di fila come la più protettiva, è tra i segreti dell’invecchiare bene, ma in Italia (e non solo) è seguita sempre meno.
Aspettativa di vita
Oggi il progresso medico, scientifico e sociale ha aiutato ad abbassare i tassi di mortalità. Secondo i dati del Global Burden of Disease, tra il 1950 e il 2021 l’aspettativa di vita globale è aumentata di quasi 23 anni, passando da 49 a 71,7 anni. Come ha dichiarato Andrew Scott, professore di Economia alla London Business School e autore di «The Longevity Imperative», «è molto probabile che i bambini nati oggi vivranno fino a 100 anni. La longevità traccia la rotta per un cambiamento radicale nel modo in cui viviamo le nostre vite».
L’aderenza degli italiani alla dieta «italiana»
La dieta mediterranea, da tempo riconosciuta come un modello eccezionale per la promozione della salute e incoronata per il settimo anno di fila come la più protettiva al mondo, è tra i segreti per invecchiare bene. Eppure è seguita sempre meno in Italia, come nei Paesi del bacino Mediterraneo.
Emerge da uno studio appena uscito su International Journal of Food Sciences and Nutrition. I ricercatori hanno indagato l’aderenza alla dieta mediterranea in 10.916 adulti italiani tra il 2019 e il 2022 e hanno valutato il consumo dei loro gruppi alimentari confrontandoli con le attuali linee guida dietetiche nazionali. «La ricerca ha rivelato un moderato livello di aderenza alla dieta mediterranea. Ma è stato notato un significativo declino nell’aderenza nel periodo 2019-2022.
Questo ribasso è stato attribuito principalmente a un aumento del consumo di carne rossa fresca, formaggi e pollame, accompagnato da una riduzione nell’assunzione di verdure, pane, legumi, pesce, latte e latticini», spiega Sofia Lotti, biologa nutrizionista, coautrice dello studio e assegnista di ricerca al Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università degli Studi di Firenze.
«Questi cambiamenti nei comportamenti alimentari sono il risultato di una serie di fattori interconnessi. Primo fra tutti la globalizzazione, che ha ampliato l’accesso a una vasta gamma di cibi provenienti da diverse culture e che sono entrati a far parte sempre più delle nostre abitudini alimentari. Il fenomeno ha favorito soprattutto un aumento del consumo di alimenti ricchi di grassi saturi, zuccheri semplici e sale, a discapito di quelli freschi e più nutrienti. Allo stesso tempo, il crescente ritmo di vita e la riduzione del tempo dedicato alla preparazione dei pasti hanno portato a una maggiore dipendenza da cibi già pronti, facilitando così l’adesione a scelte alimentari meno salutari».
Dieta mediterranea: le prove a favore
Da oltre 50 anni si stanno accumulando prove che la dieta mediterranea possa davvero migliorare la salute in molti modi. «I vantaggi di questa dieta per il nostro benessere dipendono soprattutto dalla sinergia delle sue componenti piuttosto che dai singoli alimenti che la caratterizzano. Nonostante nessun alimento venga escluso, è fondamentale che venga favorito il consumo di cibi freschi, di stagione, locali e di origine vegetale», prosegue l’esperta. «Tra le componenti che rendono “magica” la dieta mediterranea per la nostra salute l’olio extra vergine di oliva spicca come protagonista, ricco di grassi monoinsaturi e antiossidanti. È associato a una riduzione del rischio di malattie cardiache, diabete e altre patologie croniche. È versatile nell’uso, perfetto sia come condimento per le verdure sia per la cottura di piatti a basso contenuto di grassi».
«Altri alimenti chiave sono quelli di origine vegetale, come frutta, verdura, legumi e cereali integrali che costituiscono la vera dieta mediterranea. Sono ricchi di sostanze nutritive fondamentali come vitamine e minerali, cruciali per il mantenimento di un sistema immunitario forte. Il loro elevato contenuto di fibra favorisce la salute dell’apparato digerente, regolando il transito intestinale e riducendo il rischio di tumore al colon. La fibra aiuta anche a ridurre l’assorbimento di zuccheri e grassi a livello intestinale, contribuendo così a prevenire il diabete di tipo 2 e le malattie cardiache. Inoltre, promuove la sensazione di sazietà, agevolando il controllo del peso corporeo».
Le porzioni consigliate
«Per tutte queste ragioni — prosegue l’esperta —, si consiglia di consumare ogni giorno almeno 3 porzioni di verdura e 2 porzioni di frutta fresca. Questo obiettivo può essere facilmente raggiunto includendo verdure come contorno in ogni pasto principale e consumando frutta fresca come spuntino. È importante anche l’assunzione regolare di cereali integrali, mentre i legumi dovrebbero essere consumati almeno 3 volte a settimana. Tuttavia, per alcuni individui sensibili, un’elevata assunzione di legumi può causare problemi gastrointestinali. Per superare questo inconveniente, è consigliabile tritare i legumi, in quanto le sostanze responsabili di questi fastidi si trovano nella buccia. Ecco quindi che è possibile portarli a tavola sotto forma di passati, zuppe, hamburger o polpette. Un’altra strategia è cuocerli secchi insieme a patate o carote le quali assorbono le sostanze responsabili dei disturbi durante la cottura».
Decessi evitabili
Già i dati del Global Burden of Disease Study 2017 potrebbero bastare a convincere a riavvicinarsi alla dieta vera dei nostri nonni. Tra il 1990 e il 2017 circa 11 milioni di decessi e 255 milioni di anni di vita, aggiustati per il grado di disabilità valutato considerando la combinazione tra durata della vita e qualità della stessa, sono stati attribuiti a fattori di rischio dietetici, in particolare un’elevata assunzione di sodio, un basso apporto di cereali integrali, di frutta e di verdura. Gli interventi dietetici hanno mostrato i benefici più diretti per le malattie cardiovascolari e il diabete.
I benefici della dieta
«Lo studio multicentrico Predimed ha dimostrato che una dieta mediterranea con l’aggiunta di olio extravergine di oliva ha ridotto del 31% gli eventi cardiovascolari come l’infarto miocardico acuto, l’ictus e la mortalità rispetto al gruppo di controllo, la dieta mediterranea con l’aggiunta di noci del 28%.
«Risultati che emergono dall’analisi di oltre 7mila soggetti a elevato rischio cardiovascolare, senza manifestazioni cliniche di patologia cardiovascolare all’arruolamento nello studio, dopo un periodo di osservazione di quasi 5 anni», precisa Roberto Pedretti, professore associato di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università di Milano Bicocca, direttore del Dipartimento Cardiovascolare all’Irccs MultiMedica di Sesto San Giovanni (Milano) e membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Europea di Cardiologia Preventiva.
«Dal momento che una sottoanalisi dello studio ha dimostrato che una buona alimentazione modifica favorevolmente i fattori pro-trombotici, per esempio riducendo il numero di piastrine del sangue, è chiaro che mangiare sano ha diversi punti di azione favorevoli, attraverso anche una riduzione della pressione arteriosa e un miglioramento del profilo lipidico», aggiunge.
Remissione del diabete
«I cambiamenti nelle abitudini alimentari sono utili anche nei pazienti con diabete (di tipo 2, ndr). Lo studio Direct è stato condotto nel Regno Unito su 306 pazienti diabetici avviati a ricevere una dieta a ridotto regime calorico oppure il trattamento convenzionale. Il gruppo intervento è stato sottoposto a un regime ipocalorico (825–853 kcal/giorno per 3–5 mesi), graduale reintroduzione di alimenti nelle successive 2-8 settimane e supporto educazionale strutturato. «Dopo 12 mesi, si è registrata una perdita di peso di almeno 15 kg nel gruppo intervento e nessuna variazione nel gruppo controllo. La remissione del diabete è stata osservata nel 46% dei pazienti del gruppo intervento e nel 4% del gruppo avviato a terapia convenzionale», precisa Pedretti.
«Si è anche successivamente dimostrato che questo beneficio persiste in più di un terzo di pazienti a 24 mesi di follow-up. Il meccanismo fondamentale è rappresentato dalla riduzione del peso corporeo e dell’adiposità che si associano a un calo dei livelli di glucosio nel sangue. Un corretto regime dietetico rappresenta quindi un elemento fondamentale nel trattamento del diabete», sottolinea l’esperto.
«Anche se i ricercatori invitano a una maggiore cautela poiché non è facile da dimostrarsi essendo necessari grandi studi epidemiologici con molti anni di osservazione, una corretta alimentazione potrebbe essere utile nei pazienti con patologie neurologiche, dall’emicrania alla demenza e alla malattia di Alzheimer. L’ipertensione arteriosa, il diabete di tipo 2 e l’obesità sono di per sé fattori di rischio per lo sviluppo di demenza».